Le domande ricorrenti sono le “domante poste più frequentemente” che pervengono al forum del nostro sito web.
Vengono raccolte per poter dare una risposta nel più breve tempo ai nostri lettori che manifestano la stessa problematica.
- Il trattamento dell’emicrania con Tossina Botulinica
- Cefalea nell’adolescenza
- Cefalea a fitte
- Cefalea di notte
- Dove si può fare una diagnosi di cefalea?
- Emicrania con aura
- La cefalea del week-end
- Cefalea e ciclo mestruale
- La cefalea da cervicale
Il trattamento dell’emicrania con Tossina Botulinica
Il Botox o OnabotulinumtoxinA ha dato risultati incoraggianti nel ridurre la severità dei sintomi nell’emicrania cronica, al punto che si sono costituiti dei veri e propri “Ambulatori Tossina Botulinica”, affidati a cefalologi o neurologici esperti con adeguata formazione all’utilizzo di questo trattamento, che va riservato solo a quei soggetti con risposta non soddisfacente a tutti i trattamenti per la profilassi (soggetti farmaco resistenti), seguendo un appropriato protocollo.
È un trattamento ambulatoriale che va ripetuto ogni tre mesi per quattro volte e prevede da 3 a 5 infiltrazioni di 10 UI di Botox che coinvolgono 31 punti, in specifici gruppi muscolari del cranio e della regione cervicale. Il Botox appare ben tollerato e gli effetti collaterali che si possono maggiormente presentare sono a carico dei muscoli adiacenti all’infiltrazione del farmaco, quali debolezza muscolare, palpebre cadenti e male al collo, ma comunque reversibili. Sono stati descritti effetti indesiderati inusuali e peculiari (“segno di Mefisto”, “sopracciglio di Spock”), non ultimo protuberanze simmetriche ai lati della fronte (“ segno delle corna di montone”), le quali regrediscono dopo una dose supplementare del farmaco stesso nelle due settimane seguenti.
È presente in Italia dal 1992 e nel 2013 il Botox ha ottenuto l’autorizzazione e la rimborsabilità per l’indicazione “emicrania cronica” dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
La cefalea in età infantile-adolescenziale è uno dei sintomi più frequenti; l’emicrania e la cefalea di tipo tensivo sono le forme più comuni, stimando una prevalenza rispettivamente dell’8-10% e del 10-25%. Talora per una sovrapposizione delle loro caratteristiche cliniche o per la coesistenza di entrambe le forme nello stesso soggetto si rende difficoltosa una precisa distinzione diagnostica e complessa diventa la decisione terapeutica. Inoltre importante è individuare i fattori scatenanti, la presenza di un disturbo del sonno, alterazioni delle abitudini alimentari, situazioni di disagio scolastico o famigliare. A questo proposito l’emicrania è più associata ad esperienze di stress da prestazione scolastica, problematiche relazionali con gli insegnanti non sempre comprensivi del fatto che la cefalea è una condizione altamente invalidante, che interferisce negativamente con il rendimento scolastico, comportando assenze da scuola, e con altri aspetti della vita quotidiana (relazione con i compagni, attività del tempo libero, attività sportive, etc.). Non è da sottovalutare che la cefalea può essere un campanello d’allarme nell’esprimere un disagio psicologico che non sempre viene adeguatamente considerato o compreso (ansia, tratto depressivo, etc).
Anche a questa età tra l’0,9% e il 3% la cefalea può cronicizzarsi per la presenza di un dolore per più di 15 giorni al mese per più di tre mesi, che viene associato nel 30% dei casi ad un importante utilizzo di farmaci sintomatici, rendendo ancor più difficoltosa la gestione terapeutica.
In chi soffre di emicrania o di altra forma di cefalea primaria (per l’emicrania nel 40%; per la cefalea a grappolo nel 30%) può manifestarsi un dolore, solitamente in regione orbitaria o alle tempie, ma anche in altre sedi del capo, o nella sede dove si manifesta l’abituale cefalea, improvviso della durata di pochi secondi, a “fitta”, descritto anche come un dolore a tipo stilettata o a “colpi di picozza”. In questi casi si parla di “cefalea trafittiva primaria”, dal momento che non è causata da alcuna patologia cerebrale o dei nervi cranici, considerandola anche se invalidante una forma benigna.
Gli attacchi, caratterizzati da fitte lancinanti, non sono accompagnati da altri sintomi e si presentano in modo variabile: o in fitte isolate più volte nell’arco della giornata, oppure con fitte raggruppate in poche ore nella stessa giornata, oppure inframmezzate da lunghi periodi di benessere; raramente le fitte si manifestano ripetutamente per più giorni; solitamente quasi mai durante le ore notturne.
Quando si manifesta per la prima volta, per poter fare una corretta diagnosi deve essere esclusa con un esame neurologico e appropriate indagini strumentali la presenza di una condizione patologica sottostante.
Essendo una forma rara, non vi sono a tutt’oggi studi che ne abbiano determinato l’andamento nel tempo. Rimane difficile impostare una strategia terapeutica, sia sintomatica che di profilassi, per la brevità della fitta, complessa da curare; risposta efficace, ma non sempre, la si può ottenere con la somministrazione di Indometacina (soprattutto se le fitte sono raggruppate in più attacchi durante la giornata).
Esistono diverse forme di cefalee che si correlano al sonno in diverse età della vita.
La cefalea a grappolo ha un picco di incidenza in età giovane adulta, prevalentemente nel sesso maschile; si manifesta con attacchi molto intensi della durata variabile da 15 minuti a 3 ore caratterizzati da un dolore fortissimo e per questo definito “suicidario”, soprattutto nelle ore notturne in relazione alla fase REM del sonno (fase del sonno profondo in cui si fanno i sogni). La cefalea deve essere accompagnata almeno da uno dei seguenti sintomi: arrossamento congiuntivale, lacrimazione, ostruzione nasale, rinorrea, edema palpebrale, sudorazione facciale e frontale, miosi (restringimento della pupilla) o ptosi (diminuzione della rima palpebrale) sempre dallo stesso lato del dolore, agitazione o irrequietezza.
Un’altra forma correlata al sonno è la “cefalea ipnica” così chiamata perché insorge esclusivamente anch’essa durante il sonno REM causando risveglio; si manifesta esclusivamente dopo i 50 anni prevalentemente nelle donne rispetto agli uomini. Ha una durata variabile dai 15 minuti alle 6 ore, di intensità medio-forte. È una forma di cefalea primaria e come tale non è attribuita ad alcuna patologia o condizione sottostante.
Infine non è da sottovalutare che il mal di testa che causa risveglio durante le ore notturne è un disturbo che affligge una persona su tredici, correlandosi ad uno stato di ansia, a depressione, ad un disturbo di respirazione/ossigenazione in chi è russatore (sindrome delle apnee notturne), ad un’ipertensione arteriosa misconosciuta o mal controllata, a disturbi scheletrici (errata postura protratta durante il sonno in chi presenta problema prima di coricarsi per esempio di scoliosi), a consumo di alcool e in ultimo da non sottovalutare un vero e proprio disturbo del sonno stesso.
Dove si può fare una diagnosi di cefalea
Una corretta diagnosi del tipo di cefalea che ci opprime può essere effettuata a più livelli. È importante soprattutto la figura del Medico di famiglia, che può fare lui stesso una diagnosi, quando la situazione non sia particolarmente complessa, oppure che stabilisce come e quando inviare il paziente all’attenzione dello specialista Neurologo o del “superspecialista” del Centro Cefalee.
Emicrania con aura
L’emicrania con aura è una forma di cefalea primaria e come tale benigna in quanto non attribuita ad alcuna condizione patologica, la cui caratteristica è l’aura, un insieme di sintomi neurologici che si sviluppa prima o all’inizio del mal di testa, della durata variabile da 5 a 60 minuti. È caratterizzata soprattutto da sintomi visivi che possono essere “ positivi”, come flash luminosi, immagini geometriche scintillanti (figure a forma stellata, zig-zag, forme a ferro di cavallo, etc.); oppure “negativi” rappresentati da una perdita parziale o totale del campo visivo; oppure da una distorsione delle immagini. Al sintomo visivo possono seguire disturbi sensitivi, per lo più a tipo punture di spillo (parestesie) o come sensazione di mancanza di sensibilità (ipoestesia), che si diffondono lentamente dalle punta delle dita sino a poco sopra al gomito e fino alla regione peri-orale dallo stesso lato del disturbo visivo e controlateralmente alla sede del mal di testa. Più raramente si possono associare un disturbo del linguaggio come la difficoltà ad esprimersi (afasia) o ad articolare la parola (disartria). Segue la fase dolorosa dell’attacco caratterizzata da una cefalea che presenta le stesse caratteristiche dell’emicrania senz’aura, cioè di intensità medio-forte, unilaterale, pulsante della durata variabile tra le 4 e le 72 ore, che si può aggravarsi con l’attività fisica e associarsi a fastidio alla luce (fotofobia) e ai suoni (fotofobia), con nausea e/o vomito.
La cefalea del week-end
La cefalea che si presenta solo durante i week-end (we) è un’evenienza che viene riferita sia in chi presenta un’emicrania, sia in chi non ne soffre. Gli attacchi di mal di testa possono essere scatenati non solo dallo stress o eventi emotivi negativi, ma strano a dirsi, anche dal relax dei giorni festivi o dal rilassamento dopo una settimana di prolungato e intenso lavoro, così come da forti emozioni positive. Non è da trascurare la ridotta o ritardata assunzione di caffeina rispetto ai giorni lavorativi, come avviene tipicamente nei we; si può manifestare una “crisi di astinenza”, che ha tra gli effetti lo scatenamento di un attacco di emicrania. Ma il ruolo più importante viene giocato dal cambiamento della routine quotidiana, da una modificazione ai cicli acquisisti nel tempo, ai ritmi biologici: ci si alza più tardi, si va dormire più tardi, si fa una cena più abbondante del solito o si assume più vino o superalcolici con amici, condizionando una mal digestione o un cattivo sonno notturno che sfocia in malumore il giorno dopo, fattori che costituiscono un trigger importante allo scatenamento di mal di testa.
Cefalea e ciclo mestruale
Nella maggior parte delle donne che soffrono di emicrania gli attacchi di mal di testa si presentano o alcuni giorni prima o durante o subito dopo il ciclo mestruale (periodo perimestruale). L’odierna classificazione identifica a questo proposito tre tipi di cefalea: l'”emicrania mestruale pura” in cui gli attacchi si manifestano sempre e solo nella finestra perimestruale in almeno 2 su 3 cicli mestruali; l’”emicrania correlata alle mestruazioni” quando gli attacchi si manifestano nel periodo perimestruale, ma anche in altri momenti, e l’”emicrania da contraccettivi orali” in cui gli attacchi sono presenti esclusivamente entro i 5 giorni dalla sospensione dell’ultima pillola. In tutte e tre le situazioni il mal di testa è più invalidante del solito in quanto è più duraturo (> 72 ore), più forte, più resistente alla terapia. Le fluttuazioni ormonali che si manifestano tra un ciclo e l’altro vengono considerate tra i fattori più importanti nello scatenamento di un attacco emicranico.
Diverse sono le strategie terapeutiche; in particolare per l’emicrania mestruale pura, in presenza di un ciclo regolare, è consigliabile una “mini-profilassi”, intesa come l’assunzione 5-6 giorni prima del ciclo e per tutta la durata dello stesso di un analgesico non steroideo (solitamente il Naprossene) oppure di un triptano, in particolare il Frovatriptan.
La cefalea da cervicale
Riguardo la cefalea e i rapporti con la colonna cervicale l’odierna Classificazione Internazionale delle Cefalee descrive una forma di mal di testa associata ad una malattia o lesione cervicale in cui la spondilosi o le osteocondriti non sono accettate come cause valide per generare un mal di testa.
Ma una tensione o una contrattura muscolare dovute a diverse problematiche, tra le quali attualmente una delle più riportate è una prolungata postura errata dei muscoli del collo, spalle e capo dopo molte ore trascorse al computer o alla guida (in coda per andare al lavoro o rientrare a casa) può generare una cefalea con caratteristiche di tipo muscolo tensivo. Questo tipo di mal di testa che affligge circa il 60% degli italiani può assumere un andamento episodico, ma anche molto frequente o quasi quotidiano. Anche lo stress o uno stato d’ansia possono generare una tensione o contrattura muscolare ai muscoli del collo, causa di mal di testa.
Si può intervenire con una terapia non farmacologica, quale ad esempio la pressione locale sulla sede del dolore, esercizi di respirazione, tecniche di rilassamento muscolare, yoga, shatzu, agopuntura, etc, che aiutano a ridurre la tensione e quindi l’intensità e la frequenza del mal di testa; la fisioterapia attiva è altrettanto efficace: più gli esercizi sono intensi, migliore è la mobilità del collo e maggiore è il beneficio.