XI Congresso Anircef – 22 settembre 2022
Saluto inaugurale
La ricerca clinica nelle cefalee
Lasciatemi introdurre questo Meeting Anircef con qualche riflessione sulla patologia cefalalgica di cui mi occupo da 50 anni.
Chi è il destinatario della ricerca nella patologia cefalalgica?
Il destinatario è la persona, uomo o donna che viene a consultarci e che si aspetta di essere curato.
Sembrerebbe una risposta ovvia, ma noi sappiamo che le cefalee sono descrivibili ma poco obiettivabili e quindi cadono nel campo del soggettivo, ciò vuol dire che abbisognano del rapporto con l’altro, ma di un altro che sia comprensivo e capace di interpretare il linguaggio dei sintomi.
Cosa intendo per “soggettivo”?
Il soggettivo prevede un rapporto empatico che deve crearsi e che lega un cefalalgico al suo medico e ha come ricaduta positiva il fatto che entrambi collaborino per cercare una soluzione al problema. L’empatia è quindi un elemento centrale, rappresenta il fascino del discorso sulle cefalee e va valorizzata perché può esprimere quelle misteriose disarmonie funzionali poco valutabili sul piano dell’obiettività.
L’essere empatici con chi soffre potrà farci valorizzare quegli aspetti che possono sembrare trascurabili ma che talvolta permettono di cogliere quell’elemento che tipicizza un quadro clinico ancora mal chiarito. Si pensi ad esempio alla lezione che ci ha dato KUNKLE nel 1952, quando ha evidenziato il parametro tempo, fino ad allora trascurato, per proporre la unicità clinica della cefalea a grappolo, prima descritta con vari eponimi dai vari specialisti.
Inoltre come medici, dobbiamo essere attenti perché l’emicranico è un coartato, un iper censurato, è reticente e va perciò sollecitato a dire e raccontare di sé.
Negli anni, la ricerca ha creato una scissione tra il corpo e la mente, noi dobbiamo recuperare per il futuro il pensiero Platonico, cioè “curare l’anima per curare il corpo”.
Da quanto detto è evidente che la ricerca clinica diventa un fattore imprescindibile per interpretare e curare le cefalee. La ricerca clinica richiede impegno di tempo, passione, motivazione, esperienza, aggiornamento continuo. Tutti requisiti indispensabili per chi vuole trasferire le proprie intuizioni o anche le proprie idee, allo studio delle cefalee.
Negli anni ho vissuto le varie fasi della ricerca clinico-scientifica in questo campo, dalle ipotesi periferiche a quelle di un coinvolgimento di aree del SNC che intervengono sul controllo del dolore.
Penso che l’ipotesi di una interazione riguardante la componente emozionale del nostro SNC e la componente legata a una disfunzione delle vie del dolore, possa essere un’idea da tenere fortemente in considerazione: una disfunzione della omeostasi dell’organismo, come suggeriscono BUD CRAIG e ANTONY DAMASIO, che coinvolge alterate reazioni bio-comportamentali al dolore cefalico espresso nei vari fenotipi clinici.
Le future ricerche di neuro-chimica integrate con l’imaging funzionale potranno generare passi avanti nella conoscenza della patofisiologia delle cefalee primarie, proprio focalizzando le interazioni tra l’emozione e il dolore nella genesi del comportamento. In questo contesto il dolore è quindi interpretato come un cofattore di una risposta comportamentale del paziente.
Del resto è noto che trattare il dolore di per sé, può fallire se non si integra un approccio bio-comportamentale.
Il medico deve stabilire quindi un nuovo rapporto con il paziente, più profondo e dialogante per avere la sua fiducia.
E’ infatti fondamentale che un clinico tenga sempre conto che il mal di testa può essere anche unico sintomo di altra patologia neurologica.
Con l’anamnesi, il curante deve formulare ipotesi cliniche che andranno confutate nell’ambito di un iter di diagnostica differenziale, e di fronte alla storia che il paziente racconta, in primo luogo deve avanzare congetture e fare delle ipotesi diagnostiche che sottopone a critica e in caso di insuccesso, rifletta nuovamente e ricominci fino a quando non ha successo. In sostanza si impegna in un lavoro di formulazione e di successive demolizioni di ipotesi diagnostiche, sino a giungere a una diagnosi che i dati anamnestici, le osservazioni e i reperti degli esami eseguiti, indicano come la più logica e soddisfacente.
In sostanza: Dobbiamo sapere ascoltare!!
Questo Meeting che si inserisce nella tradizione scientifica dei precedenti Congressi Anircef, sarà di alto interesse sia per la qualità dei Relatori, sia per i temi trattati. I Relatori potranno darci la loro esperienza e lo stato dell’arte sui vari aspetti della ricerca nella patologia cefalalgica, sia primaria che sintomo di altra patologia.
Voglio chiudere questo mio intervento con una citazione della preghiera a Dio di “Maimonide”, medico arabo vissuto tra 1135 e 1204:
“Dammi la forza, la volontà e l’occasione di aumentare sempre le mie conoscenze. Io oggi posso scoprire nel mio saper le cose che ieri non supponevo, perché l’arte è grande, ma lo spirito dell’uomo va sempre più avanti”.
Prof. Gennaro Bussone
Primario Emerito Istituto Neurologico Carlo Besta – Milano
Presidente Onorario ANIRCEF